Di fronte alla complessità dell’essere umano, di fronte alla sua sofferenza, alla sua confusa rassegnazione, non ho sensi da dare, né misteri da svelare. Solo domande e nessuna risposta.
E che scrivi a fare, allora?
L’ho già detto.
Per un semplice affare vitale. Proprio così, una questione di vita o di morte.
Perché arrivi il messaggio vero e pregnante della sacralità della vita che pure è unica per ognuno di noi, ma l’errore non lo è, e non lo è la natura umana, non lo è la sofferenza dell’uomo, non lo è la sua solitudine.
E’ solo questa la risposta che devo al mondo e a me, e che inevitabilmente mi spinge la mano sul foglio.
Non sei solo, io sono esattamente come te e non puoi sapere quanto.
E quindi perché il dolore? I problemi esistenziali? La ricerca della verità? La mancanza di comunicazione, la mancanza di parole, le distanze fra gli uomini?
In un mondo fatto di plastica e tasti, interessa veramente a qualcuno, parlare di queste cose?
Oh sì, indiscutibilmente.
C’è bisogno di luce a questa vita, e di speranza, proprio perché non ce n’è, e proprio perché siamo soli, che più soli non si può.
Ma io dico, pur sempre uomini e combattenti.
Anelli di una catena lenta e difficile da intrecciare, in corso di formazione.
Abbiamo bisogno gli uni degli altri, è la nostra natura, la nostra propensione.
Il nostro è un bisogno estremo di luce, ed è così per tutti.
Più che mai in questi tempi tanto oscuri, in cui vaghiamo smarriti alla ricerca di un dove illuminato solo da inutili display.
I display non indicano alcun cammino, la nostra strada è altrove.
E’ nella ricerca di quel senso che manca per chiudere il cerchio e vivere una vita difficile, ma autentica.
I miei libri non raccontano il dolore, i miei libri lo denunciano.
E’ diverso. Molto diverso.
E penso pure che dovrebbero farlo tutti.
Perché il nostro dove non è nei tasti, ma nella parola.
E un dolore che non ha parole esilia, proprio come i tasti.
Riconoscersi invece come portatori di un destino comune significa imparare a dialogare autenticamente fra simili, che è quello che noi siamo, significa abbattere anche l’ultimo mattone della diffidenza con cui oggi ci poniamo al cospetto degli altri, significa azzerare le distanze, e con esse le nostre solitudini, in un abbraccio lungo quanto la nostra vita.
Si vive meglio così, davvero. Al caldo si vive molto meglio, non v’è dubbio.
E poi rende il senso della nostra natura, del nostro essere umani.
Sì, il nostro dove non è nei tasti, ma nella parola.
Qui e ora, su questa terra, al fianco degli altri, ognuno col proprio ruolo e la propria missione.
Il mio progetto, oltre le pagine.